1.Dopo il 2015 anno nero per le emissioni in Italia, inizia il dibattito dopo la firma dell'Accordo di Parigi    
    2. Le azioni del governo, in squadra con Terna, Eni e Enel    
    3. Gli effetti sull'Italia    
   

4. Le analisi dell'ENEA (ottobre 2016), del Senato (gennaio 2017), di Legambiente su siccità, città e clima (maggio 2017)

5. I primi documenti di strategia che partono dall'Accordo di Parigi, inclusa una panoramica di posizioni sulla Strategia energetica nazionale

6. Anche in Italia arriva il movimento studentesco dello sciopero mondiale per il clima

 

   
         
    1. Dopo il 2015 anno nero per le emissioni in Italia, inizia il dibattito dopo la firma dell'Accordo di Parigi    
   

In contrasto con più di vent'anni di calo (dal 1990 punto di riferimento per il Protocollo di Kyoto) e con la necessità di radicali riduzioni, per cogliere l'obiettivo ormai cogente di rimanere "molto al di sotto" dei due gradi, stabilito all'art. 2 comma a dell'Accordo di Parigi, nel 2015 le emissioni di gas climalteranti del nostro Paese sono aumentate. E pure per il 2017 esse sembrano ulteriormente in aumento.

Nel 2015 le emissioni da energia sono cresciute del 3,5% secondo Eurostat, col nostro Paese in terza posizione in termini di peso sul totale dei 28 Paesi. Se invece di una crescita tale ci fosse stato un calo del 3,5% in Italia, l'intera UE invece di una crescita complessiva avrebbe avuto una stazionarietà.

Siamo stati decisivi a far mancare l'obiettivo minimo europeo di non accrescere le emissioni.

In termini di emissioni complessive, in Italia la crescita sarebbe del 2,5%, secondo la Fondazione Sviluppo Sostenibile, e del 2% secondo Ispra (per inciso si noti il modo di titolare e di quanto viene rinviata in basso la cattiva notizia). Molto sopra in ogni caso della crescita del PIL (allo 0,8%).

Quindi invece di un disaccoppiamento tra crescita del PIL ed emissioni (che nel 2015 si sarebbe verificato a livello globale o forse nella sola Cina), abbiamo una crescita dell'intensità emissiva per unità di PIL. Chissà di quanto crescerebbero le nocive emissioni di CO2 se il PIL andasse meglio.

Ad annunciarlo - e proporre sette misure di contrasto - è stata la Fondazione Sviluppo Sostenibile, con il suo Meeting di primavera, organizzato per il 27 aprile 2016, pochi giorni dopo la firma del nostro paese a New York.

Nei documenti presentati vi è uno scenario di medio periodo (2020 e 2030), senza il dettaglio del 2025 (data intermedia richiesta dalla COP Decision che vara l'Accordo per un incremento dell'ambizione).

Presente all'incontro, il sottosegretario del Ministero dell'Ambiente Barbara Degani ha risposto positivamente a queste sollecitazioni, a sua volta proponendo una visione governativa che punta più a defiscalizzare che ad aumentare le tasse, che fa leva su imprese ed innovazione più che su nuove regole, che ammette il rallentamento delle rinnovabili e promette di riprendere il cammino interrotto - con nuove misure ancora tutte da implementare con un Green Act di cui si parla da tempo e che appare dopo Parigi più urgente che mai.

A sua volta Stella Bianchi (Pd), presidente dell’Intergruppo parlamentare per il clima Globe Italia, sostiene che l'Accordo di Parigi impone una svolta radicale non più rinviabile a tutti i paesi. I primi settori su cui intervenire sono quelli dell’efficienza energetica con interventi che consentano interventi strutturali su interi edifici, lo sviluppo delle fonti di rinnovabili soprattutto nell’ottica di promuovere l’autoproduzione e gli investimenti nelle reti di distribuzione intelligenti. E ancora le politiche industriali con incentivi per sviluppare tecnologie a bassissimo impatto di carbonio, puntando sulla decarbonizzazione totale, anche di grandi complessi industriali. Sull’investimento sulla mobilità sostenibile avviando un grande piano di sostegno per il trasporto pubblico nelle grandi aree urbane e rafforzare gli interventi per favorire l’uso dell’auto elettrica.

Sono settori strategici per far ripartire la nostra economia nel segno dell’innovazione, dell’abbandono progressivo ma rapido delle fonti fossili, della valorizzazione dei tanti settori della green economy che già oggi sono capaci di generare crescita e occupazione.

Chiara Braga, responsabile Ambiente del PD, ha promosso a Marzo 2016 "Gli Stati Generali della Green Economy" nella Capitale d'Europa, al fine di costituire un forum permanente sui temi energia-ambiente-clima-lavoro tra Parlamento Italiano, Parlamento UE e Commissione Europea. Inoltre ha detto: "Ci siamo presi degli impegni in Europa, con l'Accordo di Parigi, e vogliamo andare sempre più verso un modello energetico più sostenibile e quindi incrementare l'utilizzo di risorse rinnovabili".

Il 7 Luglio 2016 ha inoltre dichiarato, in una conferenza stampa alla Camera dei Deputati, che è in preparazione una bozza di testo di legge di ratificazione dell'Accordo di Parigi da parte del nostro Paese ed ha espresso la speranza che possa essere approvata in Parlamento prima della COP22 di Marrakech 2016.

   
    Per quanto riguarda le conseguenze del Paris Agreement sulle politiche climatiche dell'Unione Europea, un paper accademico ma molto preciso è questo.    
   

Dopo le sette proposte della Fondazione Sviluppo Sostenibile (tra cui la riforma della fiscalità in chiave ecologica introducendo una carbon tax; un maggiore impegno sull’efficienza energetica; il potenziamento della mobilità sostenibile; il sostegno all’agricoltura nella lotta al cambiamento climatico; la promozione dell’economia circolare; lo stimolo dell’innovazione orientata alla green economy), Stefano Sylos Labini, geologo, esperto di energia propone in un lungo e documentato articolo di lavorare contemporaneamente su domanda e offerta di innovazione tecnologica. "L’attuazione dell’accordo sul clima richiederà un massiccio piano di investimenti nell’innovazione e nella diversificazione energetica. Lo Stato ha la responsabilità di guidare la transizione da un sistema basato sui combustibili fossili verso un sistema alimentato in misura maggiore con le fonti rinnovabili. Per questo motivo la riconversione energetico-ambientale del nostro Paese richiede una politica industriale di ampio respiro dove siano coinvolte le grandi imprese insieme alle università e ai centri di ricerca pubblici come il CNR e l’ENEA per costruire un sistema di innovazione che va dalla ricerca alla produzione industriale".

2. Le azioni del governo, in squadra con Terna, Eni e Enel

Il 23 giugno 2016, il presidente del Consiglio Matteo Renzi ha presentato così l'impegno dell'esecutivo sulle rinnovabili, in attuazione dell'accordo Cop21: «Abbiamo firmato l'accordo di Parigi non perchè faceva figo, ma perchè è un pezzo della scommessa di questo Paese».
In conferenza stampa a palazzo Chigi con Eni, Enel e Terna, Renzi ha aggiunto: «Oggi siamo qui a presentare il lavoro di squadra che questo Paese intende fare sulle rinnovabili partendo dalle aziende". Eni collega le proprie aree ex-industriale a nuovi impianti fotovoltaici di grandi dimensioni, che non richiedono bonifiche troppo onerose, senza spreco di territorio e ben collegate alla rete ad alta tensione. Terna punta a collegamenti internazionali cruciali per la connessione internazionale delle reti elettriche (Balcani e Tunisia), particolarmente importanti per il fotovoltaico, consentendo di "seguire il Sole" lungo i meridiani. Nell'immediato un decreto per attribuire "9 miliardi di euro nei prossimi 20 anni sulle rinnovabili".

Secondo la Fondazione Sviluppo Sostenibile però tutto ciò non basta e occorrrerà fare molto di più.

3. Gli effetti sull'Italia

L'Italia ha una chiara convenienza ad agire rapidamente ed in profondita per tenere sotto 1,5C il riscaldamento globale, poiché in tal caso si dimezza la riduzione della disponibilità di acqua e si riduce del 30% (rispetto ad un riscaldamento di 2 gradi) la durata di siccità eccezionali, che, come indica Mauro Centritto del CNR, tendono a portare alla desertificazione: «In Italia, gli ultimi rapporti mostrano che è a rischio desertificazione quasi il 21% del territorio nazionale, il 41% del quale nel Sud del Paese. Sono numeri impressionanti che raccontano di un problema drammatico di cui si parla troppo poco».

Continua il ricercatore: «In Sicilia le aree che potrebbero essere interessate da desertificazione sono addirittura il 70%, in Puglia il 57%, nel Molise il 58%, in Basilicata il 55%, mentre in Sardegna, Marche, Emilia Romagna, Umbria, Abruzzo e Campania sono comprese tra il 30 e il 50%».

Questo per quanto riguarda il futuro. Ma perdite e danni climatici ci sono già stati. Ad esempio Coldiretti afferma che: "Siamo di fronte a cambiamenti climatici che si stanno manifestano con ripetuti sfasamenti stagionali ed eventi estremi con pesanti effetti sull’agricoltura italiana che negli ultimi dieci anni ha subito danni per 14 miliardi di euro tra alluvioni e siccità che è stata particolarmente violenta nel 2003, 2007 e 2012" e stima che "l’inverno bollente 2016 senza pioggia rischia di presentare un conto salato da oltre un miliardo sulle tavole nel 2016 per l’effetto della siccità che colpisce il Made in Italy agroalimentare".

Le prime analisi sul 2017 e l'ondata di calore estiva, nonché la relativa penuria d'acqua, sono qui.

Una ulteriore analisi degli effetti nel Mediterraneo dei cambiamenti climatici, pubblicata nel novembre 2016, è leggibile qui.

Alcuni dei vantaggi per l'Italia nella limitazione a 1 grado e mezzo sono illustrati qui.

4. Le analisi dell'ENEA, del Senato e di Legambiente

Ad ottobre 2016 l'ENEA in collaborazione con il Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare e ISPRA ha presentato il rapporto: "Parigi e oltre". Oltre 220 pagine di analisi e opzioni di policy per raggiungere gli obiettivi dell'Accordo.

Inoltre il Senato ha prodotto una overview dell'implementazione in Italia di politiche rilevanti per l'Accordo di Parigi.

Legambiente ha monitorato e restituito puntualmente i danni di eventi estremi, tra alluvioni e siccità, nelle città italiane e indicato una serie di buone pratiche italiane e straniere.

5. I primi documenti di strategia che partono dall'Accordo di Parigi, inclusa una panoramica di posizioni sulla Strategia energetica nazionale

Le prime strategie dell'Italia nelle quali si parte dall'Accordo di Parigi sono:

* la proposta di nuova SEN (Strategia energetica nazionale), che è stata in consultazione pubblica, per la quale questo sito, promosso dall'Economics Web Institute, ha fatto una submission ufficiale complessiva e un articolo specialistico sul tema dei trasporti. offrendo nel contempo una larga parte di tutti i testi presentati dalle più rappresentative organizzazioni ed entità scientifiche;

* la Roadmap della mobilità sostenibile (qui: testo integrale) e le relative Raccomandazioni, cui l'autore di questo sito ha contribuito.

Il coordinatore del Tavolo (Dott. Tiscar) e Valentino Piana

   
   

6. Anche in Italia arriva il movimento studentesco dello sciopero mondiale per il clima

 

   

 

Struttura generale dell'Accordo

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