L'Accordo di Parigi e il mondo dell'energia

 

 
   

La produzione e l'uso dell'energia elettrica e termica sono i principali responsabili delle emissioni di gas climalteranti.

Nel mondo dell'elettrico sta avvenendo una rivoluzione, legata alle energie rinnovabili sostenibili e a zero emissioni, che induce all'ottimismo ma che ha bisogno ancora di essere fortemente accelerata in tutti i Paesi.

Non a caso i "Contributi determinati a livello nazionale" includono pressoché sempre il settore energetico e per lo più lo instradano verso le rinnovabili.

Ma nel contempo i progressi sul lato dello storage e la necessità di velocizzare di molto la transizione energetica richiedono sforzi ambiziosi. Il Segretario generale delle Nazioni unite ha chiesto, nel UN Climate Action Summit di settembre 2019, che nel mondo non vi siano nuove centrali a carbone a partire dal 2020.

In particolare per l'Italia, la proposta di SEN del governo Letta, superata ma non di molto dal primo governo Conte, mira ad incrementare, al 2030, le rinnovabili elettriche al 48-50% e le rinnovabili termiche al 28 – 30%.

Ma molto di più si deve fare anche perché l'abbandono del carbone, che deve avvenire il prima possibile, rende il sistema instabile sul piano dei prezzi e della disponibilità.

Per questo l'Economics Web Institute, che promuove il presente sito sull'Accordo di Parigi, nel 2017 ha presentato nel ufficialmente questo commento alla proposta di SEN, che si situa entro l'ampia spettro delle posizioni espresse (alla fine di questo testo ne sono integralmente riportate oltre quindici, offrendo una panoramica delle osservazioni alla SEN da parte del mondo ambientalista, scientifico e dei settori produttivi - oltre che il testo integrale finale di Novembre).

Il commento alla SEN di EWI contiene, oltre ad altre considerazioni, le seguenti:

1. Bene l’uscita dal carbone – ma deve avvenire subito, per l’urgenza di limitare a 1,5 gradi il riscaldamento globale
La proposta di SEN fa la scelta, apprezzabilissima, che l’Italia esca dal carbone. È un tassello necessario di una abbandono mondiale, sia della costruzione di nuovi impianti, sia degli impianti più inquinanti sia, progressivamette di tutti quelli esistenti, posti di fronte alla necessità di introdurre la CSS o chiudere.
Questo consente di ridurre la velocità con cui stiamo dilapidando il carbon budget rimanente per rimanere sotto
1,5 gradi di riscaldamento globale, obiettivo di importanza esistenziale per piccole isole e molte aree aride del pianeta ma di valore economico altissimo per l’Italia (ondate di calore, penuria idrica, eventi estremi nelle città, desertificazione di ampie zone del Sud). Le perdite e danni climatici di oggi, quando siamo a circa 1 grado, saranno di gran lunga superiori se non agiamo radicalmente.
La piena attuazione degli impegni presi per l’Italia dall’UE verso l’UNFCCC (insieme a quella di tutti gli altri Paesi,)porta ancora ad un incremento di oltre 3 gradi centigradi medi e deve invece essere aumentata di almeno il 40%, portando obiettivi radicali di decarbonizzazione a breve su tutti i settori, ovviamente compresa l’energia, fin dal 2020, poiché ci restano solo 6 anni prima di esaurire il carbon budget per 1,5 gradi.

Nei termini dell’Accordo di Parigi (AdP), il Contributo definito a livello nazionale (NDC) dell’UE, e quindi dell’Italia, dovrà essere rivisto nel 2018-19 a valle del Facilitative Dialogue della COP24, informato dalla migliore scienza disponibile, incluso il previsto Rapporto Speciale dell’IPCC su mitigazione e adattamento in un mondo dove si limita a 1,5 gradi, rapporto di cui il nostro direttore ha l’onore di essere Reviewer dell’attuale primo draft.

Tutto ciò spinge a porre la questione non più del “se” uscire dal carbone ma dal “quando”: prima è, meglio è, sapendo che questo può voler dire accompagnare con pacchetti di calmierazione del danno ad aziende e territori che ruotano intorno al carbone, come da noi preconizzato fin dal 2009 con una politica di “eutanasia settoriale”1, con la quale pacchetti automatici di aiuto alla diversificazione produttiva e occupazio nale vengono messi in campo ovunque si chiuda una centrale.

Occorre riconoscere gli stranded assets – ed evitare di investire in infrastrutture che diventerebbero stranded asset ben prima di essere state ammortizzate.

2. Gas + PV = instabilità di prezzo e di disponibilità
Messe da parte velleità nucleariste e difesa del carbone incentrata sui costi, la proposta di SEN preconizza al 2030 un sistema elettrico per un 48% di rinnovabili e per il resto di gas naturale.
Ma come il caso dello Stato dell’Australia Meridionale sta mostrando in modo doloroso ed eclatante, l’uscita dal carbone per un mix solare-gas naturale è foriera di prezzi più alti e black-out frequenti. È un sistema intrinsecamente instabile.

Le medie annuali della ripartizione delle fonti nascondono infatti violente oscillazioni intra-day e stagionali. Già oggi in Italia nella Borsa elettrica vi sono due picchi intra-day (indicativamente tra inizio e metà mattinata e poi in tardo pomeriggio), poiché l’ingresso del PV abbassa i prezzi nelle ore centrali della giornata. Togliere il carbone significa estremizzare questa situazione, col gas che copre pressoché tutto il fabbisogno ogni volta non splenda il sole. In quel frangente i prezzi schizzeranno alle stelle, sia per motivi tecnici (le nostre centrali entrano tipicamente in funzione nei picchi e non sono del tutto pronte a farsi carico dell’intero fabbisogno, con la conseguenza di possibili razionamenti o addirittura black-out) sia soprattutto perché la produzione col gas naturale è concentrata in pochi soggetti che hanno tutto l’interesse ad alzare il prezzo in quelle fasce orarie e stagionali.

In Australia Meridionale il prezzo medio è cresciuto del 20% e vi sono stati numerosi black-out, con forti proteste del mondo produttivo e di alcune fasce della popolazione.

La SEN deve esplicitamente mirare invece ad appiattire quei picchi di prezzo, per adempiere agli obiettivi di competitività dei prezzi elettrici, messi fin dall’inizio a fondamento della SEN.

3. Principi ovvi di competitività di prezzo e di sicurezza delle forniture
Se davvero la SEN vuole che l’elettricità costi come negli altri paesi competitor, prima tra tutti la Germania, deve considerare che il gas dalla Russia costerà sempre più a noi che alla Germania, per motivi di costi di trasporto e per il ruolo, non scalzabile, di hub mark-up-maker di quel Paese e che, viceversa, in Italia vi saranno sempre più ore di sole che in Germania. Quindi tanto più gas naturale vi sarà nel mix energetico, tanto maggiore il delta di costo che le nostre imprese e famiglie dovranno pagare.


Se è su Azerbaijan e Algeria che si conta per stabilizzare geopoliticamente le nostre forniture, forse sarebbe utile notare che Caucaso e Africa del nord sono ampiamente a rischio di conflitti (es. Libia) e necessiterebbero di un approcco complessivo allo sviluppo in linea cogli SDG.

Se si fa appello al GNL, il cui principale fornitore mondiale è il Qatar, forse sarebbe bene notare che quel Paese è oggi sotto assedio diplomatico e a rischio di sanzioni, come riflesso della più complessiva tensione tra Arabia Saudita - Iran.
Una strategia che copre fino al 2030 può davvero assicurare che nulla di drammatico avvenga in tale periodo nei Paesi di fornitura, Russia compresa?
Viceversa, il crollo dei costi di PV, eolico e storage rendono molto più convenienti tali fonti anche in termini di LCOE oltre che di distribuzione temporale di investimenti e costi O&M (Operation and Maintenance).

4. Come ridurre i picchi di prezzo ed aumentare la stabilità del sistema
Oltre ai costi strutturali alla fonte, occorre, come si diceva, agire sull’impatto di Borsa elettrica dell’afflusso delle diverse componenti, per limare i picchi di prezzo intra-day e stagionali che deriverebbero dall’uso esclusivo del gas naturale in mancanza di sole.
Un forte incremento dell’insieme delle rinnovabili, con un peso particolare per l’eolico, disponibile in ogni momento del giorno e dell’anno, è il primo ingrediente essenziale per ridurre i picchi di prezzo.
In secondo luogo, occorre allargare le ore in cui il PV porta grandi quantità in rete, il che richiede non solo un incremento quantitativo ma anche uno spostamento
sul thin-film.
Questo si può fare, a costo zero per il policymaker nazionale, con una politica di tassazione minima dei tetti privi di impianti a energia rinnovabile e l’utilizzo dei proventi per finanziare chi, nei sei mesi successivi, faccia un impianto, generando da subito occupazione e investimenti.

Si può perfettamente includere ampie fasce di esenzione dalla tassa (per ISEE, redditi, condizioni di difficoltà
o altro) senza di fatto inficiare il meccanismo e garantendo una maggioranza politica di consenso alla misura (Per una presentazione più completa e per le simulazioni economico-politiche si veda: Piana V. , “Exploring the economic and political drivers of adoption of mitigation policies”. Questo paper ha ricevuto il premio come Klima2009 Best Paper Award 2009 da Emerald Publisher ed è stato pubblicato nel libro: Leal Filho (ed.), The economic, social and political elements of climate change, Springer Verlag, 2010 . http://dx.doi.org/10.1007/978-3-642-14776-0_26)

In terzo luogo, occorre attrezzare l’Italia a trasmissioni di livello continentale dell’energia elettrica, poiché il sole sorge varie ore prima in Turchia e Grecia per calare varie ore dopo in Portogallo. L’Unione energetica ha proprio questa funzione: mettere in grado Paesi, come il Portogallo, ormai per molte ore al 90% e oltre di rinnovabili, di esportare elettricità, sgravando altri sistemi della necessità di produrre. Uno “scambio sul posto” di dimensione continentale.
Si noti che l’Albania è già intorno al 100% di energia rinnovabile (per lo più idroelettrica e con un potenziale di eolico e PV ancora non incentivato e quindi non colto) e potrebbe, anche con le connessioni col Montenegro, apportare in tempi brevi grandi quantitativi che se da un lato possono sostituire le centrali a carbone in Puglia possono fare dell’Albania, paese povero e con molto desiderio di emigrazione, un paese assai più ricco, capace di mettere in moto un processo virtuoso. Il Kuwait è ricco non perché è al 100% di oil ma perché lo esporta in larga parte. Molti paesi possono mirare al 200-300% di rinnovabili e vivere, almeno in parte, di esportazioni, che alimentano il bilancio pubblico e la sua politica di investimenti.

Queste prospettive di co-sviluppo mancano totalmente nell’attuale proposta di SEN.

L’Italia si dovrebbe dare l’obiettivo di esportare energia da fonte rinnovabile in larghe quantità e farsi promotrice di una feed-in tariff unica europea, a garanzia del raggiungimento di ambiziosi obiettivi collettivi, inclusa una feed-in tariff, minore ma rilevante, sulle importazioni da paesi terzi, come l’Albania.

In quarto luogo occorre promuovere l’accumulo, centralizzato e distribuito, nel residenziale e in connessione con comunità energiche da fonti rinnovabili ma anche quello di "second life".

Seguono tutta una serie di proposte specifiche per realizzare questi presupposti.

 
   

Panoramica delle osservazioni alla SEN

Molto ricche in termini di relazioni con l'Accordo di Parigi e di proposte concrete sono le Osservazioni alla SEN dell'Italian Climate Network.

Ampia disanima di come migliorare la SEN è data nelle Osservazioni alla SEN di Legambiente: "Innanzitutto, per dare seguito agli impegni presi con l’Accordo di Parigi, l’individuazione delle misure nazionali di attuazione degli obiettivi europei al 2030 devono tenere conto dello scenario al 2050, quando il nostro settore energetico dovrà essere completamente decarbonizzato. Proprio la mancanza di questo scenario, accompagnato dalla mancanza di analisi puntuali su riduzione dei consumi, efficienza, valore delle rinnovabili e della generazione distribuita, induce a compiere una valutazione errata sul ruolo del gas nei prossimi anni, ritenendolo centrale e fondamentale per soddisfare le esigenze energetiche dell’Italia. Tanto da prevedere metanizzazioni su intere porzioni di territori, per esempio in Sardegna, invece di proporre soluzioni lungimiranti in grado non solo di ridurre la nostra dipendenza dalle fonti fossili ma anche di rispettare gli accordi internazionali e salvare il nostro Pianeta dal surriscaldamento globale.

Nella SEN sono totalmente sottovalutati i vantaggi, per aziende, industrie e cittadini, che possono derivare dal un sistema energetico basato sulla generazione distribuita che se accompagnata con regole chiare e trasparenti può dare risposte ai problemi della rete, portando flessibilità e nuovi scenari per il mercato elettrico.

Questi cambiamenti devono essere accompagnati da nuove procedure di approvazione degli impianti e da una revisione delle Linee guida, perché l’incertezza è ancora oggi una delle principali barriere in Italia alla diffusione degli impianti da fonti rinnovabili. In molte Regioni italiane è di fatto vietata la realizzazione di nuovi progetti da rinnovabili, tra i limiti posti con il recepimento delle linee guida nazionali e i veti dalle soprintendenze. Occorre dare regole certe ai territori e ai cittadini. Inoltre, l’obiettivo delle fonti rinnovabili al 2030 appare troppo timido (48-50% per la parte elettrica) rispetto alle potenzialità del nostro Paese e allo sviluppo tecnologico in corso, e poco netto nella prospettiva di accompagnamento dello sviluppo delle rinnovabili nel nostro Paese. C’ è una sottovalutazione importante del valore delle diverse tecnologie, a partire dal settore termico dove la SEN fa ricadere essenzialmente sulle sole pompe di calore gli obiettivi che riguardano le rinnovabili termiche, non tenendo conto del progresso tecnologico degli impianti di riscaldamento a biomasse, della geotermia in media e alta entalpia, e neanche del ruolo che può avere il solare termico in particolare al Sud e per le utenze turistiche.

Sul fronte dell’efficienza energetica, accontentarsi di avere migliori prestazioni rispetto alla media degli altri Paesi europei e di proiezioni che dovrebbero portare a raggiungere gli obiettivi fissati dalle Direttive, non va bene in un Paese che davvero vuole credere nello scenario di cambiamento energetico e climatico, e vuole beneficiare delle riduzioni di importazioni e di spesa possibili (evidenziate nell’ultimo rapporto di Confindustria). Per Legambiente è necessario avviare un’attenta analisi degli strumenti incentivanti utilizzati finora, per comprendere che cosa ha funzionato e che cosa no, oltre a un coordinamento migliore tra i ministeri e l'Enea.

Essenziale la semplificazione degli interventi di retrofit energetico di edifici, ma anche lo sviluppo di strumenti puntuali in tema di Fuel Poverty in grado di aiutare le famiglie e di spingere i comportamenti virtuosi. Serve, per esempio, una maggiore comunicazione sull’accesso al Bonus Energia, considerata l’alta percentuale di aventi diritto che non ne fa richiesta dei 4 milioni stimati almeno il 50% non ne ha mai fatto uso.

I trasporti sono il tema che appare meno sviluppato nella SEN. Legambiente chiede che vengano fissate con chiarezza due scelte: la riduzione del parco circolante come prospettiva strategica e la spinta all’efficienza nei carburanti, a partire dallo stop alla vendita di auto diesel. In particolare rispetto alle auto elettriche la SEN pone il Governo italiano in un ruolo di “osservatore inerziale”; un errore per l'industria italiana. Con esclusione, per ora, del trasporto pesante, il resto della mobilità a motore dovrà migrare quasi totalmente verso l'elettrico (plug-in, full electric, fuel cell) perché oramai va in quella direzione l'evoluzione tecnologica dei mezzi di trasporto. Inoltre, mancano nel documento indicazioni sugli interventi per promuovere il trasporto pubblico e lo sharing. Nonostante i dati dimostrino che proprio l’inadeguatezza dell’offerta di trasporto pubblico nelle aree urbane (dove vive oltre il 40% della popolazione italiana) rappresenti il problema più rilevante della mobilità in Italia.

Ultimo punto, ma non per importanza, i sussidi alle fonti fossili. Cancellarli deve diventare una priorità in tutto il mondo".

A sua volta il WWF chiede il phase-out del carbone entro il 2025 e un prezzo minimo del carbonio.

Le osservazioni di Greenpeace, di Kyotoclub, di Italia Nostra, di Amici della Terra, dell'Associazione A Sud, di Energia Felice, di Sorella Natura sono integralmente riportate nei link rispettivi.

Concentrate sul tema dell'efficientamento degli edifici, come tassello da rendere molto più ambizioso nella SEN sono le Osservazioni alla SEN di Rete Irene e quelle della FIRE (Federazione Italiana per l’Uso Razionale dell’Energia). Questa la posizione di Co-energy. E questa di Assoege.

Italia Solare offre il suo commento, critico e propositivo, ottimo, non solo rispetto al fotovoltaico ma complessivamente.

Federidroelettrica fa sentire le sue rimostranze sulla crisi del settore delle rinnovabili basate sull'acqua.

Sulle rinnovabili questo il commento puntuale di FINCO (Federazione delle Industrie, dei Prodotti, degli Impianti, dei Servizi e delle Opere Specialistiche per le Costruzioni), quello di Aicarr (Associazione Italia Condizionamento dell'Aria, Riscaldamento e Refrigerazione), e quello di alcuni comparti, incluso il gas (es. posizione Anigas). Commenta così il ruolo delle pompe di calore Assoclima, associazione che rappresenta le aziende costruttrici di sistemi per la climatizzazione estiva e invernale di edifici e di processi industriali.

Questo il lungo e articolato commento alla SEN di Elettricità Futura (che include questi passaggi: "La definizione di una strategia di lungo termine è essenziale per assicurare il raggiungimento dell’obiettivo europeo di riduzione delle emissioni fra l’80 e il 95% al 2050. Tale obiettivo potrà essere raggiunto, in Italia come in Europa, attraverso il pieno completamento del processo di transizione energetica verso un sistema elettrico nel quale la produzione di elettricità e la continuità della fornitura saranno assicurate da fonti rinnovabili, impianti termoelettrici a fonti fossili ad alta efficienza e basso impatto ambientale e impianti di stoccaggio. In tale quadro i clienti elettrici saranno sempre più coinvolti e attivi e le elettrotecnologie si diffonderanno in modo capillare nei principali settori di consumo, in primis nei trasporti").

Toccano tutte le rinnovabili elettriche e termiche le osservazioni del Coordinamento Free.

Gli Stati generali della Green economy hanno così commentato, indicando tra l'altro: "Il documento prende come riferimento l’impegno derivante per l’Italia dal Pacchetto Clima Energia dell’Unione europea che ha fissato target sulle emissioni (in modo differenziato per settori ETS e non-ETS), sulle rinnovabili e
sull’efficienza energetica al 2030. Il Pacchetto europeo è stato già valutato insufficiente per rispettare gli impegni dell’Accordo di Parigi e dovrà, quindi, essere rivisto al rialzo. La proposta di SEN prevede, peraltro non in modo esplicito, il passaggio dai circa 433 MtCO2eq del 2015 a 365 MtCO2eq nel 2030 (corrispondenti all’incirca a un taglio del 37% sul 2005 e del 30% sul 1990). Secondo l’elaborazione presentata nel documento del [nostro] Gruppo di lavoro del 2016, per rispettare l’impegno di Parigi, limitando l’innalzamento della temperatura globale terrestre tra 1,5 e 2 °C, il taglio dovrebbe essere ben più sostanzioso portando le emissioni nazionali di gas serra a 260 MtCO2eq nel 2030: ciò significa un taglio più che doppio rispetto a quello attualmente previsto nella SEN. Per non rischiare di dover riscrivere il documento tra un anno, quando l’IPCC presenterà il nuovo scenario globale a 1,5°C, sarebbe pertanto opportuno indicare da subito nella Strategia un duplice scenario di riferimento, quello moderato basato sugli impegni del Pacchetto europeo, e uno più spinto aggiornato alla luce degli impegni derivanti dall’Accordo di Parigi. "

Queste le osservazioni alla SEN della CNA e di Confindustria.

Coldiretti lamenta che "nell’intera Strategia, risultano omessi o comunque non adeguatamente affrontati i profili relativi alle potenzialità energetiche ed ambientali dei settori agro-zootecnico e forestale (in particolare, filiera bosco-legna-energia e filiera biogas - biometano)" e offre una serie di raccomandazioni per colmare la lacuna.

La Fiper lamenta la debolezza dell'impostazione sul biogas.

Energia per l'Italia, che raccoglie numerosi scienziati di prim'ordine, ha commentato qui la SEN e, a valle, lanciato una lettera aperta ai Ministri.

L'ANCI così propone emendamenti e commenta la SEN.

Questa la posizione sulla SEN delle Regioni e delle Province autonome.

 

Poco prima che si aprisse la Consultazione sulla SEN i tre maggiori sindacati italiani (CGIL, CISL, UIL) proponevano una più ambiziosa Strategia Energetico Climatica, di cui qui delineano alcuni assi portanti.

Per quanto riguarda le posizioni dei partiti politici sulla SEN, poco prima della consultazione questi i commenti in una seduta del Senato e questa invece la reazione del PD di settembre 2017.

Sui media, a pag. 42 Solare B2B presenta 10 osservazioni a pagine specifiche della SEN e QualEnergia dedica larga parte del numero di Luglio-Agosto a tale tema, incluso un nostro intervento.

Conclusione del processo

A valle della consultazione pubblica questo è il testo definitivo della Strategia Energetica Nazionale dell'Italia (Novembre 2017).

Ora si passa al Piano nazionale energia e clima, che entrerà maggiormente sul tema delle policy.

 

 
 

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Il meccanismo di rilancio

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