Qui il testo integrale della legge n. 204 del 4 novembre 2016 ed una discussione preventiva.

1. Il dibattito parlamentare, che è passato dalla Camera al Senato, dove è stato finalmente approvato
2. La struttura della legge di ratifica ed esecuzione
3. Commento alla struttura del disegno di legge di ratifica ed esecuzione presentato dal Governo
4. Articoli aggiuntivi cdella legge di ratificazione ed esecuzione dell'Accordo di Parigi da parte dell'Italia - che sarebbero stati possibili a partire dall'attuazione specifica dei suoi articoli
5.Commento alla relazione tecnica
6. Conclusioni

 

 

 
    Verso il dibattito parlamentare, che è terminato  
   

Il 4 ottobre 2016 il Consiglio dei Ministri ha varato un disegno di legge intitolata "Ratifica ed esecuzione dell’Accordo di Parigi collegato alla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, adottato a Parigi il 12 dicembre 2015", su proposta dei Ministri degli affari esteri e della cooperazione internazionale Paolo Gentiloni e dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare Gianluca Galletti.

Nello specifico, il disegno di legge prevede, nell’ambito degli impegni assunti dall’Italia, la partecipazione alla prima capitalizzazione del “Green Climate Fund”, di cui abbiamo scritto fin dal 2010, con 150 milioni di euro, 50 per ogni anno fino al 2018, che si aggiungono ai 50 milioni già versati dal nostro Paese nel fondo che sostiene gli sforzi dei Paesi in via di sviluppo nel conseguimento degli impegni dell’accordo.

L'onere economico per attuare gli obblighi immediati derivanti dall'Accordo di Parigi sul clima è di 1 milione 543 mila euro per il 2016 e di 2 milioni 143 mila euro annui a decorrere dal 2017.

Il testo integrale del disegno di legge di ratificazione dell'accordo sul clima di Parigi è questo, consegnato al parlamento il 10 ottobre con un'ampia relazione tecnica.

Sollecitiamo un dibattito parlamentare consapevole che discuta entrambi ed eventualmente arricchisca l'articolato.

Infatti, mentre la relazione tecnica tocca tutti i punti dell'Accordo, il testo del disegno di legge vero e proprio, di soli sei articoli, è molto breve e per vari versi incompleto.

Segnaliamo che ormai l'Accordo ha superato le soglie per entrare in vigore, cosa che avverrà automaticamente il 4 novembre 2016, che l'Italia ha dato il suo consenso alla procedura accelerata di ratificazione collettiva, culminata con il voto del Parlamento Europeo, Parlamento Europeo, dove siedono tutte le possibili voci, che lo ha approvato a larghissima maggioranza: 610 voti a favore, 38 contrari e 31 astensioni.

L'importanza della legge è quindi ormai tutta domestica: indicare ai Ministeri ed agli altri organi dello stato, alle Regioni, agli Enti locali, alla società civile, al mondo delle imprese e della finanza il modo con cui l'Italia intende contribuire a tutti gli obiettivi, quali ad esempio la decarbonizzazione netta entro la seconda metà del secolo, il mantenimento a ben al di sotto dei 2 gradi il riscaldamento globale e lo sforzo per limitarlo ad 1,5, sapendo che questo comporta meno danni.

Alla votazione del Parlamento Europeo hanno partecipato anche le forze politiche italiane, che quindi si sono già espresse e questo lascia presagire un'ampia maggioranza a supporto della legge di ratificazione italiana. E' perciò particolarmente importante avere una legge abbastanza ricca di indicazioni strategico-operative, per una sollecita implementazione, quanto mai urgente.

L'Italia ha infatti un interesse specifico nazionale al successo dell'Accordo, come sta emergendo dal dibattito su cosa fare per attuarlo.

La legge dovrebbe avere due grandi temi:

1. come implementare l'architettura completa dell'Accordo;

2. come lanciare o rafforzare le politiche e le misure che consentono di adempire ai suoi articoli.

Rispetto al primo tema, la legge potrebbe ad esempio prevedere chi scrive il "Contributo determinato a livello nazionale" e una lista non esaustiva di quali condizioni portino ad innalzarne l'ambizione. L'Accordo di Parigi è infatti molto più dinamico di Kyoto; non è l'esecuzione top-down di un distante obiettivo che si scopre due o tre anni dopo se si è raggiunto oppure no, magari pure con divergenze tra gli esperti riguardo a questo fatto così importante - impone invece una revisione frequente al rialzo di obiettivi già forti, con controlli di fatto annuali ad ogni COP, e formalizzati ogni 5 anni, della traiettoria di raggiungimento degli obiettivi.

Cambia il metodo e cambiano le questioni monitorate (non solo mitigazione, ma anche adattamento, perdite e danni climatici, dal lato dell'azione e poi finanza, tecnologia, costruzione delle competenze dal lato del supporto) e più in generale vi sono ampie conseguenze per l'Italia.

Sarebbe quindi bello se la legge riuscisse ad aiutare il Paese a capire il mondo che verrà (e a costruire le premesse affinché il nostro ruolo non sia marginale e riottoso).

Su di essa vale l'iter parlamentare, che assegna la legge alla III Commissione Affari Esteri in sede Referente, col parere delle Commissioni: I Affari Costituzionali, V Bilancio, VIII Ambiente (ex articolo 73, comma 1-bis, del regolamento), X Attività Produttive e XIV Politiche dell'Unione Europea. Ad esempio è già stato dato il parere favorevole della Commissione Ambiente, accompagnato dalla richiesta di misure per la green economy nella legge di bilancio e con la revisione della strategia energetica nazionale.

A seguire, la Camera dei Deputati e il Senato hanno dato loro ok alla ratificazione.

E' quindi stata varata la LEGGE 4 novembre 2016, n. 204
Ratifica ed esecuzione dell'Accordo di Parigi collegato alla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, adottato a Parigi il 12 dicembre 2015. (16G00214) (GU n.263 del 10-11-2016).

Il testo PDF della legge 204 del 2016 è qui.

L'11 novembre è stato poi consegnato alle Nazioni Unite tale strumento di ratificazione.

Ma è importante che il dibattito parlamentare e sulla sua implementazione venga seguito da tutto il Paese.

 
         
    La struttura della legge di ratifica ed esecuzione  
   

La struttura della legge può riflettere direttamente quella della legge che ratificò il Protocollo di Kyoto, oppure contenere di più. Quella legge ha 4 articoli (uno di autorizzazione al Presidente della Repubblica a ratificare, uno lungo sulla mitigazione sul territorio nazionale, uno breve per il finanziamento delle attività di mitigazione all'estero, il quarto che nel recepire gli ammontari finanziari stanziati li suddivide sui bilanci dei diversi ministeri). A questa semplice struttura si potrebbero aggiungere analoghi articoli per il tema dell'adattamento e quello dei danni e delle perdite climatiche.

Ma sarebbe meglio anche dire qualcosa su tecnologie (di cui l'Italia è ricca e per le quali vi sono estese connessioni tra università, enti di ricerca, imprese, territori), finanza (mobilitazione di risorse pubbliche e private), costruzione delle competenze organizzate (perché il fattore umano è decisivo). Sarebbe utilissimo offrire fondamento giuridico all'attuazione dell'art. 6 sulla collaborazione internazionale (su tutti i temi, incluso mitigazione ed adattamento) che prevede sia meccanismi di mercato che non-di mercato (leggi, obblighi, divieti, ecc.).

L'implementazione in Italia di alcune previsioni della Decisione di COP che ha varato l'accordo sarebbe facilitata da un esplicito richiamo.

Ad esempio laddove essa chiede agli stati di collaborare strettamente con la società civile, il sistema produttivo, il mondo finanziario e della ricerca scientifica e tecnologica.

 
         
    Commento alla struttura del disegno di legge di ratifica ed esecuzione presentato dal Governo  
   

La struttura del disegno di legge riflette direttamente quella della legge che ratificò il Protocollo di Kyoto, ma è rispetto ad essa un notevole passo indietro.

L'Art. 1 della legge per Kyoto conteneva tre commi:

1. Il Presidente della Repubblica é autorizzato a ratificare il Protocollo di Kyoto alla
Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, fatto a Kyoto l'11
dicembre 1997.
2. Piena ed intera esecuzione é data al Protocollo di cui al comma 1, a decorrere dalla
data della sua entrata in vigore, in conformità a quanto previsto dall'articolo 25 del Protocollo stesso.
3. Il deposito dello strumento di ratifica avverrà, unitamente a quello dell'Unione
europea e degli altri Stati membri della stessa, conformemente a quanto disposto
dall'articolo 4 del Protocollo di cui al comma 1.

Per dire la stessa cosa, la legge per Parigi impiega due articoli (dei sei totali):

ART. 1.
(Autorizzazione alla ratifica).
1. Il Presidente della Repubblica è autorizzato
a ratificare l'Accordo di Parigi
collegato alla Convenzione quadro delle
Nazioni Unite sui cambiamenti climatici,
adottato a Parigi il 12 dicembre 2015.
2. Il Governo deposita lo strumento di
ratifica per l'Accordo di cui al comma 1
unitamente a quello dell'Unione europea e
degli Stati membri
, conformemente a
quanto disposto dall'articolo 4, paragrafi
da 16 a 18, dell'Accordo medesimo.
ART. 2.
(Ordine di esecuzione).
1. Piena ed intera esecuzione è data
all'Accordo di cui all'articolo 1, comma 1, a
decorrere dalla data della sua entrata in
vigore, in conformità con quanto disposto
dall'articolo 21 dell'Accordo medesimo.

Le differenze sono minime ma tutte a sfavore:

1. essere in semplice "relazione" con la Convenzione è un legame debole, mentre il testo internazionale dice chiaramente che l'Accordo è nel quadro della Convenzione. Pesa qui una posizione negoziale pre-Parigi che vedeva l'Accordo come sostituto della Convenzione;

2. poiché l'Accordo di Parigi ha già superato le soglie per entrare in vigore, anche grazie a sette paesi europei che hanno già ratificato e depositato, l'art. 1 comma 2 della nuova legge è un falso storico: afferma che avverrà qualcosa che è già avvenuto e in modo difforme. L'Unione ha già ratificato e trasmesso (anche se la sua percentuale di emissioni non è stata utilizzata dall'ONU per il superamento della soglia, è stata sostanzialmente ignorata), quindi l'Italia non può prevedere che la consegna sia congiunta: siamo in ritardo rispetto ai sette paesi e la legge non lo riconosce. Inoltre il nostro governo bene farà a depositare quanto prima la ratifica parlamentare e quindi a non aspettare gli altri paesi membri ritardatari.

Abbiamo però messo in neretto la frase bellissima "Piena ed intera esecuzione" poiché essa rappresenta la base unica su cui si reggerà in Italia tale esecuzione. Come si vedrà nel seguito non vi sono attuazioni specifiche degli articoli, che invece richiederebbero interpretazione e indirizzo ai soggetti nazionali.

Sul piano dell'attuazione la legge per Kyoto scriveva:

Art 2.

In attesa e in preparazione delle decisioni e delle norme che saranno adottate
dall'Unione europea in materia di politiche e misure comuni e coordinate di attuazione
del Protocollo di Kyoto, al fine di individuare le politiche e le misure nazionali che
consentano di raggiungere gli obiettivi di riduzione delle emissioni con il minor costo
, entro il 30 settembre 2002 il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, di
concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con gli altri Ministri interessati,
presenta al Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE) un
piano di azione nazionale per la riduzione dei livelli di emissione dei gas serra e
l'aumento del loro assorbimento

Qui risuonava il senso di urgenza, di azione preventiva, si individua un soggetto motore, i suoi collaboratori, si pone una scadenza e indicava il punto di caduta (azione).

L'Art. 4 della legge per Parigi suona invece così:

Gli eventuali oneri finanziari conseguenti
ai contributi determinati a livello
nazionale,
previsti dall'articolo 4, paragrafi
2 e 3, dell'Accordo di cui all'articolo 1,
comma 1, saranno autorizzati con appositi
provvedimenti normativi, dopo che siano
stati definiti a livello europeo.

E quindi noi ci muoviamo dopo gli altri, ponendoci solo il tema degli oneri (e non quello dei vantaggi), consegnando uno strumento tipicamente e marcatamente nazionale come il "contributo determinato a livello nazionale" ad un opaco negoziato europeo, che ha partorito un impegno solo numerico senza nessun elemento di attuazione, che non intercetta in alcun modo evidente il posizionamento competitivo ed i fabbisogni dell'Italia.

La redazione del Contributo potrebbe essere un momento importante di confronto con gli stakeholders industriali, settoriali, territoriali, sociali e della società civile per costruire una strategia basata sulle competenze ed il consenso, ricca di indicazioni concrete per chi vuole collaborare col nostro paese (come indicato dall'art. 6), incluso ovviamente il settore privato.

Vediamo ad esempio come un paese come l'Angola ha affrontato il tema: ha prodotto un documento che abbraccia sia mitigazione che adattamento, indicato linee strategiche, tecnologie chiave, progetti concreti localizzato, fornito le cifre degli investimenti, dato un obiettivo di riduzione del 35% incondizionato ed un ulteriore 15% condizionato alla collaborazione internazionale. Documento immediatamente utile per investitori e partner istituzionali.

Oppure le Bahamas: riconosciuta la loro vulnerabilità, hanno attivato un percorso partecipativo multi-stakeholder e consultativo intersettoriale che ha prodotto una "genuine ownership of INDC and highlighte synergies with other processes"; nel loro Contributo determinato a livello nazionale si trovano misure concrete per 10 settori (turismo, finanza, trasporti, risorse idriche, agricoltura, ecc.).

Gli esempi si potrebbero moltiplicare: l'Italia sta perdendo il treno della messa in visibilità internazionale del suo straordinario patrimonio di green economy, soft economy e competenze industriali e territoriali.

Si concentra solo sugli oneri finanziari e non sui processi concertativi per l'attuazione (già previsti per Kyoto!).

Questo approccio diventa parossistico quando si stima l'onere finanziario, sia per gli aspetti di somme sia per l'oggetto della spesa.

All'epoca (2002) vennero destinati 68 milioni di euro per l'azione fuori dai nostri confini - ora solo 50 mln (per il Green Climate Fund, destinazione peraltro molto ben dimostrata dalla relazione tecnica che ha qui uno dei suoi punti di maggiore luce).

Per l'azione dentro i nostri confini vennero destinati 25 milioni annui per tre anni - ora solo 3 (di cui 1 nel 2016 e 2 nel 2017).

Come è possibile attuare tutte le azioni dell'Accordo di Parigi con somme così risibili? Semplice: basta che l'oggetto della spesa, invece che essere relativo alle azioni sia relativo ai processi negoziali. E quindi si paghino le spese di missione ai funzionari.

Un grande dibattito sul ruolo dell'italia nei clean trillions, che potrebbe riguardare l'attivazione di miliardi di euro sul territorio nazionale tra risorse pubbliche e private, diventa invece un discorso di scontrini.

Col paradosso che si prevedono 94.680 euro per un comitato che verrà sciolto durante la COP22 poiché doveva servire a preparare l'entrata in vigore dell'Accordo ed ormai esso lo farà il 4 novembre.

Aver dimenticato, in sede di relazione accompagnatoria al disegno di legge, di menzionare il fatto che l'Accordo sta per automaticamente entrare in vigore ha come effetto di autorizzare una spesa inutile.

In sostanza questa legge è inferiore a quella per Kyoto in termini di processi di attuazione, di senso d'urgenza, e di valori economici. Se poi la confrontiamo con l'aspirazione di fare del nostro Paese un protagonista del nuovo scenario, siamo molto lontani.

Per carità, alla fine ci serve la ratificazione - e bene che sia presto - ma che pena!

 
       
         
    Possibili articoli aggiuntivi della legge di ratificazione ed esecuzione dell'Accordo di Parigi da parte dell'Italia - a partire dall'attuazione specifica dei suoi articoli    
    Considerato che l'Accordo ha molti elementi innovativi, potremmo partire dalla sua struttura per identificare fabbisogni di articoli nella legge italiana, invece od oltre a considerare come base della legge per Parigi. In tal modo si cerca di dare una esecuzione domestica a ciascuno dei suoi articoli (o almeno a quelli più importanti in fatto di conseguenze domestiche) e si può sviluppare il seguente articolato di legge, che può per altro servire ad integrare la struttura prevalente della legge per Kyoto.  
    Parte dell'Accordo di Parigi da attuare: Preambolo  
    Importanza domestica: il Preambolo costituisce il fondamento culturale e valoriale dell'Accordo di Parigi, ricorda i diritti fondamentali messi a repentaglio dai cambiamenti climatici e quelli che devono innervare e orientare la risposta nazionale ed internazionale; esso può integrare ed arricchire principi propri dell'ordinamento italiano in vigore.  
    Problematiche: l'apertura di una discussione parlamentare sui valori fondanti potrebbe portare lontano, mostrare divergenze rispetto agli orientamenti internazionali, risolversi in declamatorie senza effetti.  
       
    Versione 1 di 2  
Giustificazione e criticità
    La Repubblica ispira la propria azione al preambolo dell'Accordo.  
Semplice e concisa. La mancata esplicitazione richiede però ad ogni applicazione la conoscenza del preambolo e della sua traduzione linguistico-giuridica.
       
    Versione 2 di 2  
    La Repubblica ispira la propria azione al preambolo dell'Accordo, incluso il principio di equità e il principio di responsabilità comuni ma differenziate e delle rispettive capacità, alla luce delle diverse circostanze nazionali, riconoscendo la necessità di
una risposta efficace e progressivamente crescente alla minaccia urgente del
cambiamento climatico basata sulla migliore conoscenza scientifica disponibile.
 
Riporto in ambito nazionale dei principi internazionali della Convenzione, richiamati nel Preambolo.
    Nelle azioni derivanti dall'applicazione della presente legge, la Repubblica riconosce l'imperativo di di una giusta transizione della forza lavoro e l'obiettivo della creazione di lavori decenti e lavori di qualità, rispetta, promuove e considera i diritti umani, il diritto alla salute, i diritti dei popoli indigeni, delle comunità locali, dei migranti, dei bambini, delle persone diversamente abili, di chi è in situazioni vulnerabili e il diritto allo sviluppo, così come l’eguaglianza tra i sessi, il potenziamento delle donne e l’equità tra le generazioni.
 

Elencazione dei principali diritti ed interessi in gioco. In alcuni casi, come per l'empowerment delle donne e l'equità intergenerazionale, si tratterebbe per il nostro Paese forse di una novità, o comunque di una dimensione spesso sottovalutata.

Alcune espressioni come "decent work" sono invece probabilmente troppo deboli per il nostro contesto e si potrebbe fare riferimento alle terminologie delle leggi relative (in questo caso occupazione e lavoro).

       
    Parte dell'Accordo di Parigi da attuare: Definizioni  
    Importanza domestica: molti dei concetti utlizzati nell'accordo sono presenti nel nostro ordinamento in leggi o regolamenti molto specifici ma non sono noti al grande pubblico ed alle miriadi di istituzioni ed enti che verranno coinvolte dall'applicazione dell'Accordo. Le definizioni dovrebbero aiutare a capirsi.  
   

Problematiche: l'ossificazione dei concetti in formulazioni magari troppo rigide e affrettate potrebbe impedire una sufficiente reattività dell'azione alle mutate condizioni. Inoltre nella pratica legislativa italiana non sempre vengono fornite definizioni.

 
       
Giustificazione e criticità
    Sposando al momento la seconda posizione, non proponiamo una versione testuale di definizione.  
Lo stesso Accordo non procede a definire i termini principali quanto solo quelli ausiliari e procedurali. Testi di versioni precedenti che avevano tentato di inserire definizioni di merito sono stati cancellati.
       
    Parte dell'Accordo di Parigi da attuare: Scopo  
    Importanza domestica: molti sono ancora legati all'obiettivo dei "due gradi", per altro forse non ancora codificato nel nostro ordinamento. L'Accordo sposta l'obiettivo principale di mitigazione a "molto al di sotto" dei due gradi, impegna a perseguire sforzi per limitarlo a 1,5 gradi e più in generale pone tre obiettivi di pari dignità.  
   

 

 
    Versione 1 di 3  
Giustificazione e criticità
    La Repubblica contribuisce al raggiungimento degli scopi indicati dall'art. 2 dell'Accordo secondo le qualificazioni in esso contenute  
Ripresa integrale.
   

 

 
    Versione 2 di 3  
Giustificazione e criticità
   

La Repubblica contribuisce al raggiungimento degli scopi indicati dall'art. 2 dell'Accordo ed in particolare: 1) il mantenimento dell’incremento della temperatura media globale molto sotto i 2 gradi centigradi al di sopra dei livelli preindustriali e gli sforzi tesi a limitare l’incremento della temperatura media globale a 1,5 gradi centigradi al di sopra
dei livelli pre-industriali, riconoscendo che questo ridurrebbe significativamente i
rischi e gli impatti del cambiamento climatico;

 

 
Ripresa integrale e forse ridondante dell'obiettivo.
    b) l’incremento della capacità di adattamento agli impatti avversi del cambiamento climatico,
 
In realtà l'obiettivo di adattamento è meglio formulato nell'art. 7, che per ben due volte ribadisce che è in esso e non all'art. 2 che si deve cercare la fonte dell'impostazione da dare al tema
    di irrobustire la resilienza climatica  

Ripresa di un concett che, seppur presente nella Convezione, era
rimasto a lungo silente ed ha invece
conosciuto una nuova vita, anche grazie allo Stockholm Resilience
Centre.

La resilienza è distinta dall’adattamento e si riferisce ad una
risposta efficace (a shock, eventi estremi o invece lenti e progressivi) che permette di restaurare le condizioni iniziali (mentre l’adattamento può dare per scontato che si debba definitivamente mutare).

    e lo sviluppo a basse emissioni
di gas climalteranti
 
Qui compare il tema del cambiamento di paradigma della qualità dello sviluppo, che forse potrebbe essere detto meglio
    in una maniera che non
minacci la produzione di cibo;
 
L'esperienza dei bio-carburanti di prima generazione ha scottato i più e nel contempo la menzione dell'agricoltura, qui solo limitativa, in altri punti più proattiva, è una buona cosa, perché attiva enti e interessi protesi alla sostenibilità.
    c) l’adeguatezza dei flussi finanziari rispetto a percorsi
verso uno sviluppo a basse emissioni e resiliente.
 
Sottolineatura importante: il finanziamento (pubblico e privato) della transizione alla low-carbon climate-resilient economy deve essere adeguato nei suoi ordini di grandezza.
    Versione 3 di 3  
Giustificazione e criticità
    La Repubblica contribuisce al raggiungimento degli scopi indicati dall'art. 2 dell'Accordo ed in particolare gli obiettivi relativi alla temperatura, all'adattamento, alla resilienza, allo sviluppo a basse emissioni, ai finanziamenti.  
Ripresa dei principali titoli degli obiettivi, per assicurarne un'esecuzione equilibrata e completa.
         
    Parte dell'Accordo di Parigi da attuare: Contributo determinato a livello nazionale  
    Importanza domestica: la chiave di volta della dinamica dell'accordo è la frequente rivisitazione al rialzo delle pledges nazionali, che tengono conto di quanto manca in aggregato per raggiungere gli obiettivi  
   

 

 
    Versione 1  
Giustificazione e criticità
    Lo stato intraprende e comunica sforzi ambiziosi per il raggiungimento degli scopi. Prepara, comunica e mantiene un proprio Contributo determinato a livello nazionale, eventualmente consegnato come parte del Contributo dell'Unione Europea.   Lo stato centrale si assume la responsabilità e il valore di un Contributo esplicito, che dice bene cosa si intende fare, in modo da permettere a tutti i soggetti (locali, nazionali, internazionali, pubblici e privati) di trovare sinergie. Stiamo dentro l'Unione ma con un nostro profilo industriale e di competenze e convenienze.
   

Tale Contributo viene rivisto, sempre al rialzo, almeno ogni cinque anni, a valle della rivisitazione globale di cui all'art. 14 dell'Accordo.

  Attuazione diretta di una clausola che mancava nel Protocollo di Kyoto.
    In assenza di indicazioni diverse, per ogni obiettivo a lungo termine si intende che esso vincola ogni settore emettitore in pari misura percentuale e che esso viene raggiunto tramite tassi costanti.  
Perché ciascuno sappia cosa deve fare, anche in assenza di indicazioni del policymaker, che regolarmente non le da, è fondamentale avere una regola sulla traiettoria anno dopo anno e non solo sul valore finale. Questa regola, di immedita applicabilità, da la certezza del diritto e del punto di riferimento rispetto al quale si possono tempestivamente identificare scostamenti ed azioni correttive; pone inoltre un punto di partenza al negoziato tra settori per la distribuzione eventualmente diversa del contributo.
   

Lo stato predispone ed eventualmente approva e comunica un nuovo Contributo quando ricorre una o più di queste condizioni, la cui lista è peraltro non esaustiva:

1. il raggiungimento di un obiettivo è ottenuto prima della data prevista;

2. la presenza di sinergie con altri Contributi determinati a livello nazionale, con Azioni di mitigazione nazionalmente appropriate, con impegni degli attori non-statuali permette di raggiungere più velocemente obiettivi più ambiziosi;

3. l'interesse nazionale alla diffusione di una tecnologia pulita viene meglio raggiunto con una azione domestica.

...

 

 
L'incremento autonomo, al di la dei cicli quinquennali, è molto importante per poter sincronizzare la volontà governativa del momento con le dinamiche di restringimento complessivo dell'emission gap.
    Parte dell'Accordo di Parigi da attuare: Finanza  
    Importanza domestica: Occorre togliere agli oppositori dell'Accordo l'argomento secondo cui esso serve solo ai Paesi in via di sviluppo. Gli aiuti, doverosi, ad essi sono parte di percorso di investimento molto maggiore sul territorio nazionale, sia di mitigazione che adattamento.  
   

 

 
    Versione 1  
Giustificazione e criticità
    La Repubblica mobilita, con finanziamenti pubblici e privati, per il raggiungimento degli obiettivi dell'art. 2 sul territorio nazionale almeno 20 volte l'ammontare indicato all'articolo relativo ai finanziamenti a paesi terzi.  
         
    Commento alla relazione tecnica    
   

La relazione tecnica che illustra il disegno di legge dimostra maestria e costruzione ben collaudata, offrendo un quadro abbastanza completo dell'Accordo, facilmente comprensibile anche per i non addetti ai lavori.

Presenta delle parti molto ben documentate, come quella relativa al Green Climate Fund e in generale ai meccanismi di mercato.

Ricca di pregio l'analisi dell'impatto della regolamentazione che contiene affermazioni giuste ed ovvie ma importantissime come "Non risultano svantaggi nell'opzione prescelta, al contrario l'intervento comporta benefici in termini di certezza del quadro normativo per i destinatari diretti ed indiretti... In generale grazie all'intervento regolatorio è possibile prevedere vantaggi notevoli per il settore produttivo e della ricerca, perché l'intervento normativo darà impulso alle stesse attività di ricerca, sviluppo e penetrazione nel mercato di tecnologie verdi, favorendo, a vantaggio della collettività, la decarbonizzazione e la diffusione di modelli di sviluppo puliti". Aggiunge inoltre che "si è constatata, preliminarmente durante le fasi negoziali dell'Accordo di Parigi, l'estrema sensibilizzazione di tutta l'opinione pubblica riguardo la necessità che l'Italia vi aderisca tempestivamente".

Proprio perché in generale la relazione e gli allegati tecnici sono di grande valore, occorre però sottolineare due errori importanti che vi compaiono, che non devono inficiare la percezione e l'applicazione nel Paese dell'Accordo.

Il primo è il silenzio calato nel titolo dell'art. 6, il più dinamico dell'Accordo, il quale in realtà comprende sia meccanismi di mercato che non-di-mercato (divieti, norme, spinte valoriali ed educative,ecc.), mentre il testo parla solo dei meccanismi di mercato.

Questo tradisce l'enciclica papale che ha ammonito a non considerare il mercato come l'unico strumento ma punta ad un cambiamento antropologico, culturale, spirituale profondo.

Essendo queste parti ben presenti nell'Accordo (che richiama anche la sacralità di Madre Terra), la loro mancata attivazione priva di strumenti fondamentali l'azione del nostro paese (internamente e nei confronti di altri).

Il secondo è l'insistenza secondo cui prima del 2020 non cambia niente, in quanto tutto sarebbe regolato da Kyoto. Questo ignora che l'accordo entra in vigore nel 2016 (ed infatti di questo non si parla mai) e che esso esplicitamente prevede rialzi dei Contributi da parte delle singole nazioni. Il testo parla solo di progressione collettiva, violando per omissione l'art. 4.11 (In ogni momento un Paese può aggiornare il suo Contributo al fine di renderlo più ambizioso). Inoltre è dedicato all'incremento dell'ambizione pre-2020 una intera sezione della Decisione di COP che ha varato l'Accordo, che è già in vigore a prescindere dalla ratificazione, in quanto volontà unanime già espressa a Parigi.

Non a caso l'UNFCCC ha appena emanato le linee guida per l'incremento dell'ambizione dell'azione 2017-2020 e dedica all'azione pre-2020 una intera sezione del suo sito.

In particolare il segretariato UNFCCC sottolinea che

"Through the process of preparing national
contributions and their implementation,
countries demonstrate that they are increasingly introducing national policies and related instruments for low-emission
and climate-resilient development."

e che vi sono ampi vantaggi all'azione immediata:

Early mitigation action is essential to meet the goals of the Paris Agreement, as timely investment in new technologies and deploying the best available technologies and policies could bring benefits such as:
• Preventing locking in carbon-intensive behaviours and technologies, which would not only make
future mitigation more expensive but could constrain our choices to reduce emissions in certain sectors and areas;
• Preventing overshooting the temperature goal by fostering early action that can deliver critical reduction of greenhouse gas emissions in the short term;
• Facilitating learning and development of technologies that are necessary for longer-term emission reductions and enhancing resilience;
• Reducing risks stemming from the dependence for unproven technologies such as negative emissions technologies (e.g. bioenergy combined with carbon dioxide capture and storage);
• Avoiding the need for steep reductions in later years by undertaking early actions (UNEP, 2015).


Early adaptation efforts also yield many benefits, including:
• Reducing the cost of adaptation, enhancing preparedness for future risks and lowering future losses in lives and livelihoods;
• Strengthening human systems’ and ecosystem’s resilience and ability to withstand heightened variability, extreme events and long-term climate changes;
• Allowing for some adaptation options, which would not be possible in the absence of early
mitigation efforts. At higher temperatures, for example, it may not be possible for some species and communities to adapt to climate impacts, and key thresholds in systems may be overreached;
• Avoiding locking in infrastructure and behaviours that lead to higher vulnerability over a long period of time (e.g. the location of a city expansion in a low-lying area);
• Providing an opportunity for delivering greater short-term sustainable development benefits and addressing development priorities.

Non ci rimane ancora una volta che associarci alle parole del Papa, il quale ha ammonito:

"Penso di interpretare il desiderio di tanti nell'auspicare che gli obiettivi delineati dall'Accordo di Parigi non rimangano belle parole, ma si trasformino in decisioni coraggiose capaci di fare della solidarietà non soltanto una virtù, ma anche un modello operativo in economia, e della fraternità non più un'aspirazione, ma un criterio della governance interna e internazionale".

   
         
         
       
    Conclusioni  
    Vi sono naturalmente molti altri articoli che si potrebbero esplicitare.  
   

E' stato però preferito, per tecnica legislativa, una legge breve, rinviando al testo dell'Accordo tutte le questioni.

"Piena ed intera esecuzione" dell'Accordo: queste le parole che introducono nel nostro ordinamento la più grande e rapida rivoluzione degli stili di vita e delle tecnologie di base della nostra economia.

 
    Occorre prevedere la più massiccia diffusione della traduzione in Italiano dell'Accordo, per fortuna allegata al disegno di legge stesso (al contrario della legge per Kyoto - ecco un punto a favore!). E far sì che il dibattito dalle aule parlamentari si sposti nei centri decisionali e nella società civile.  
 
   
 
 
 
 

 

Struttura generale dell'Accordo

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