Fare di più e fare con altri: ecco le conseguenze per le imprese dell'Accordo di Parigi, con esempi concreti    
   

Con una rapidissima entrata in vigore, l'Accordo di Parigi torna a battere Kyoto oltre 6 a 1: ci è voluto solo 1 anno invece di 7.

E la sua applicazione in tutto il mondo (e non solo nei pochi paesi sviluppati) lo rende stabile a prescindere dagli avvenimenti nazionali, in cui governi, magari legati agli inquinatori, tentennano o puntano i piedi. La COP22 dimostra che, nonostante quanto potrebbe avvenire con la presidenza Trump, la rivoluzione sta decollando.

Ecco quindi che imprese ed imprenditori, veloci nell'afferrare le novità che trasformano mercati, domanda finali e meccanismi d'incentivo devono muoversi, come abbiamo avuto modo di dichiarare al Sole 24 Ore.

Al di là di ovvie differenze aziendali, questi sono i primi consigli:

1. verificate di avere nel vostro portafoglio prodotti qualcosa che contribuisca a ridurre le emissioni a valle o abbia delle caratteristiche premiate dal nuovo scenario, in cui tutti tentano di ridurre le emissioni e quindi acquistano preferibilmente tali prodotti;

2. se avete dei piani di riduzione delle emissioni, acceleratene l'esecuzione, raggiungendo ad esempio nel 2018 gli obiettivi del 2020;

3. verificate se internamente o coi vostri fornitori sia possibile aumentare gli obiettivi che avete ed allargare gli ambiti di riduzione;

4. stimate le vostre emissioni dirette residuali, a valle dei percorsi di riduzione interna, e verificate quanto costerebbe diventare "climate neutral" attraverso crediti di carbonio certificati dalle Nazioni Unite;

5. informatevi, anche andando a fiere specializzate, di novità tecnologiche che potrebbero aiutarvi a ottenere obiettivi maggiori in tempi minori;

6. valorizzate presso i vostri clienti ed i loro clienti la maggiore riduzione delle emissioni;

7. collegatevi ad iniziative locali, nazionali ed internazionali come quelle contenute nel portale Climate Action delle Nazioni unite (NAZCA), il cui impatto sulla lotta per limitare a 1,5 gradi il riscaldamento climatico è stato oggetto di nostra relazione il 19 ottobre a Cagliari alla Società Italiana per le Scienze del Clima;

8. verificate, magari d'intesa con le associazioni nazionali di categoria, di lanciare nuove Iniziative climatiche internazionali da inserire in quel portale;

9. colloquiate con banche ed investitori la valorizzazione finanziaria delle azioni precedenti, incluse quelle che portano all'internazionalizzazione;

10. se partecipate al mercato dei capitali, verificate di non essere esposti sui grandi perdenti di Parigi (fossil fuel, automotive di aziende senza piani per la mobilità elettrica, venditori di impianti inefficienti, fornitori di servizi all'Oil & Gas, specie nelle fasi upstream più costose, ecc.);

11. se siete una azienda energivora di grandi dimensioni (es. vetro, acciaio, ferrovie, ecc.) verificate la possibilità di produrre direttamente con le rinnovabili, ad esempio in impianti pienamente ammortizzati grazie ad un periodo intermedio in cui parte della loro produzione è stata pagata con una feed-in tariff, secondo questo rapido schema excel da noi elaborato per un cliente in Bulgaria nel 2011.

Questi i brevissimi - e necessariamente generici - consigli immediati, posto che un'analisi accurata degli NDC e dei NAMA può consentirvi di cogliere nicchie di mercato in rapida espansione.

Per un'analisi su misura, contattateci.

Facciamo comunque degli esempi: una società simile ad UniCredit Business Integrated Solutions che abbia il compito di ridurre i costi di gestione di immobili propri ed altrui anche avendo competenze di ICT sa ora che se mette in campo pacchetti integrati di soluzioni di smart building, inclusa eventualmente una componente edilizia ed una finanziaria, ha un mercato in rapida espansione a partire da un mercato captive. Può cercare di fare un esperimento su certi edifici relativamente simili (anche localizzati in vari luoghi) e poi proporre intorno ad essi di fare operazioni di eco-quartiere, coinvolgendo gli edifici vicini, a proprietà di altri.

Una società come Manni Group, che unisce competenze nell'acciaio a quelle nelle rinnovabili può portare ai propri clienti soluzioni originali che abbattono i costi di produzioni energivore, mettendo in competitività di prezzo finale quello che è un vantaggio energetico a monte. Abbiamo discusso di un modello di business simile per un'associazione di categoria ad alto consumo energetico.

Una SGR come Etica SGR può cercare di farsi accreditare al Green Climate Fund, finanziato per miliardi di dollari (50 milioni di euro annuali da parte dell'Italia), in modo da fare leva e produrre contemporaneamente mitigazione, adattamento, impatto sociale (anche su SDG) e ottima remunerazione del capitale.

Gli operatori del mondo elettrico sono ovviamente in prima linea nella trasformazione implicata dall'Accordo di Parigi. Un operatore come Terna vedrà rafforzate le sue strategie in termini di interconnessione con Balcani ed Africa per la trasmissione dell'elettricità da fonte rinnovabile che può essere li prodotta (aumentando tra l'altro il numero di ore in cui "brilla il sole"). Avrà inoltre la possibilità di riflettere sul ruolo delle batterie al litio, chiave della mobilità elettrica, in logica di stabilizzazione della rete (sia durante una fase di V2G che di riuso, quando la batteria non ha più prestazioni interessanti per la mobilità).

Per un'azienda come ENI si tratterà di sostanziare rapidamente il ruolo del gas come ponte verso le rinnovabili, tema importante ma che, se non porta ad azioni reali a breve, rischia di fare la fine del cordless presentato come una tecnologia ponte tra telefonia fissa e cellulari. Ci si può immaginare come fossero al tempo i ragionamenti: con tutti i milioni di telefoni fissi, che bisogno c'è dei cellulari? Costa di più, il mercato decollerà quando i cellulari costeranno come il fisso. E poi la terribile necessità di ricaricarlo! L'autonomia di un giorno o poco più - mentre il fisso non ha questo problema. Meglio un cordless che nel raggio di cinquanta metri dà tutta l'autonomia che cercano le famiglie. Sappiamo tutti come è andata a finire.

E la Borsa, gli investitori, le agenzie di rating lo sanno pure loro. Come sanno che i giacimenti hanno valori completamente diversi se le risorse devono rimanere sotto terra.

Le competenze strategiche, industriali e finaziarie di ENI ne potrebbero fare un attore fortissimo nel nuovo scenario, ma occorre muoversi.

Il mondo bancario, sia dei colossi che delle banche medie o piccole, si trova a scegliere whitelists e blacklists di settori o sottosettori di cui finanziare o meno i nuovi investimenti (o greylists di cui valutare caso per caso) nonché ad accompagnare (o precedere) imprese che si internazionalizzano con prodotti per la mitigazione e l'adattamento ai cambiamenti climatici, sia facendo direttamente uso dei finanziamenti climatici che con strumenti climate-aligned. L'espansione degli investimenti, anche in logica di filiera e non solo strettamente di singola impresa, sarà assolutamente decisiva per cogliere gli obiettivi dell'Accordo di Parigi.

In un momento in cui i margini dell'intermediazione bancaria sono scarsi, la differenziazione d'immagine può produrre risultati molto remunerativi.

Il mondo assicurativo, come le Generali ma non solo, ha interessi molteplici all'implementazione dell'accordo. Da un lato il tema delle Perdite e danni climatici ha appunto una componente assicurativa e ri-assicurativa importante, con nuovi prodotti e nuove modalità di fissazione dei premi e di platea di pagatori (es. gli inquinatori). Dall'altro adattamento e mitigazione possono contenere opportunità notevoli di sviluppo del business.

Nel mondo dei trasporti, hanno tutto da guadagnare tutti coloro che offrono servizi a basse emissioni, dalla mobilità elettrica all'uso del biometano ed al delivery di beni in città con mezzi alternativi al camioncino a motore endotermico, dal piccolo cabotaggio al trasporto marittimo di lunga distanza.

Chi, come Astaldi, vede come settori di riferimento per la propria operatività le Infrastrutture di Trasporto, gli Impianti Idroelettrici e di Produzione Energetica, l'Edilizia Civile e Industriale vedrà trasformarsi in profondità sia i mercati esteri, più velocemente, che quello domestico.

La grande distribuzione, come Coop o Esselunga, ha l'opportunità di riflettere se introdurre una etichetta di carbon footprint su tutti o parte dei prodotti sugli scaffali (ad esempio su linee "verdi" dedicate). E di valutare come ridurre i propri elevati consumi per riscaldamento, raffescamento e impianti con azioni dirette, tramite ESCO o azioni di efficientamento che portino a certificazione LEED.

Un esempio di impresa che prospera e promuove il nuovo paradigma è Johnson Control, come mostra la sua presenza alla COP22 ed i relativi impegni in fatto di processi, prodotti e alleanze.

Tutto cambia: sia il mondo del consumo che quello della produzione e dei servizi.

Di converso, i sindacati dei lavoratori hanno tutto l'interesse a far decollare l'economia verde e vedere massicci investimenti, in modo da costruire in modo sostenibile occupazione di qualità e ben retribuita. Gli enti bilaterali di formazione dovrebbero prestare grande attenzione ai green jobs. A livello territoriale i sindacati devono concepire e far decollare piani di promozione di nuove imprese verdi, anche attraverso contratti di rete tra professonisti e lavoratori manuali e tecnici, anche come risposta ad ondate di licenziamenti, disoccupazione diffusa e resistenze al cambiamento di paradigma da parte delle imprese esistenti. Costruire matrici generative di attività, legate al territorio e capaci di spingerlo verso la low carbon economy, è compito ampio, che i sindacati possono promuovere ed afficancare.

Non solo le grandi imprese, ma anche le PMI hanno un interesse strategico a muoversi.

La mozione PICCOLI, approvata al Senato in sede di discussione del disegno di legge sulla «Ratifica ed esecuzione dell'Accordo di Parigi collegato alla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, adottato a Parigi il 12 dicembre 2015» sarà utilissima.

La riportiamo integralmente.

"Premesso che:
l'Accordo in oggetto è un importante occasione per i cittadini e le imprese di contribuire alla riduzione delle emissioni ed al contrasto ai cambiamenti climatici;

l'articolo 3 dell'Accordo prevede la partecipazione alla prima capitalizzazione del «Fondo verde per il clima» con 50 milioni di euro per ogni anno dal 2016 a1 2018;

tale Fondo è uno strumento finanziario multilaterale di investimento per progetti a favore dei paesi in via di sviluppo che vogliano ridurre le emissioni e accrescere le proprie capacità di adattamento;

considerato che:

le tecnologie legate al contrasto del cambiamento climatico, in larga misura legate all'efficienza energetica e alla produzione da fonti rinnovabili, in possesso delle PMI italiane sia in termini di hardware che di software, sono considerate tra le migliori al mondo;

tali tecnologie, per essere esportate, richiedono idonei strumenti in grado di superare le difficoltà legate alle dimensioni delle imprese e di affrontare i mercati stranieri con adeguata possibilità di competere,

impegna il Governo ad adottare ogni iniziativa utile a fornire alle imprese italiane, in particolare alle PMI, strumenti amministrativi e finanziari di supporto alle proprie attività tesi alla internazionalizzazione e all'export di tecnologia italiana di settore, nonché a fornire alle stesse informazioni e comunicazioni sistematiche in merito all'esistenza e alle modalità di fruizione degli strumenti stessi".

Ben detto. Facciamolo.

Tra PMI e grandi imprese, le associazioni di categoria giocano un ruolo importantissimo. Ecco l'esempio del Manifesto per il Rinascimento Urbano lanciato a Bergamo, anche col nostro contributo e con la segnalazione dell'allora imminente risultato di Parigi.

 

   

 

Struttura generale dell'Accordo

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