Accordo sul clima di Parigi  (COP21 del 2015)   Il Rapporto IPCC su suolo e cambiamenti climatici

 

   

Molte le novità di questo Rapporto dell'IPCC - che abbraccia sicurezza alimentare, uso del suolo, adattamento e mitigazione - di cui noi, in quanto sito di riferimento per l'Accordo di Parigi e la sua attuazione, offriamo:

Sintesi per la stampa e la televisione

La sintesi per i decisori

Il testo integrale completo del Rapporto IPCC su suolo e cambiamenti climatici in un'unico file (nostra elaborazione in file compresso).

In un mondo dove 2 miliardi di persone sono obese (o sovrappeso) e 800 milioni denutrite va perduto il 25%-30% della produzione alimentare.

L'agricoltura erode il suolo organico 100 volte più velocemente di quanto questo non si riesca a riformare. 500 milioni di persone hanno vissuto in prima persona la desertificazione e il degrado del suolo tra il 1980 e il 2000. Gli stessi cambiamenti climatici contribuiscono a rendere più grave il problema, ora e nell'immediato futuro.

La terra si scalda più degli oceani e questo ha già aumentato le ondate di calore nella maggior parte delle regioni, con particolare intensità nel Mediterraneo. C'è stata una espansione delle aree desertiche e una riduzione delle aree polari, segno iniziale di un traumatico spostamento dei confini dei bioclimi (mediterraneo, temperato, ecc.).

La terra è sia una fonte di emissioni (fino al 37% del totale, se si considerano anche quelle legate alle fasi di produzione) che un serbatoio di abbattimento dall'atmosfera (grazie alle foreste e non solo): circa 11 Gigatonnellate tra il 2007 e il 2016. Ma questo ruolo positivo è destinato a ridursi per vari motivi, la cui esatta valutazione è ancora fonte di incertezza.

Sulla produzione alimentare, non abbiamo ancora visto che un pallido inizio di quello che ci aspetta a breve: l'incremento ulteriore delle concentrazioni di CO2, causate dalle future emissioni, ridurrà il contenuto nutrizionale del raccolto, portando ad incremento dei prezzi e difficoltà di approvvigionamento in molte aree del globo.

I rischi a catena crescono esponenzialmente con le temperature: intorno a 1.5°C i rischi di scarsità idrica polungata nelle aree aride, i danni da incendi e l'instabilità alimentare saranno elevati, diventando estermamente elevati verso i 2°C.

I cambiamenti climatici possono amplificare migrazioni umane sia entro che fuori dai confini statuali, in direzioni che dipendono dalle misure di adattamento adottate.

Il livello dei rischi dipende sia dal livello dell'incremento della temperatura che dall'evoluzione della popolazione, dei suoi consumi, dai metodi produttivi, gli sviluppi tecnologici e i sistemi di gestione del suolo.

Sentieri di sviluppo basati su alta domanda di cibo (e i suoi antecedenti, inclusa l'acqua) e debole sviluppo tecnologico risultano in rischi maggiori.

Sono minori i rischi nei sentieri di sviluppo che contengono la crescita demografica, si appoggiano meno a diete che richiedono, a monte, più acqua e includono una maggiore diffusione di tecnologie adeguate.

L'espansione urbana tenderà a convertire terra arabile, riducendo la produzione alimentare, a meno che non si punti sull'agricoltura urbana e periurbana e non si estenda l'infrastruttura verde urbana, che a sua volta riduce i rischi climatici in città (ondate di calore, piogge torrenziali, allagamenti, contaminazione fogne-reti dell'acqua potabile, malattie contagiose).

Per quanto riguarda l'alimentazione e le sue catene produttive, l'attenzione al luogo di produzione (che non dovrebbe essere un paese a rischio di deforestazione) è la prima semplicissima cosa da fare. Cambiamenti alimentari dalla carne verso una dieta mediterranea (cereali, legumi, frutta e pesce di allevamento), anche in proporzione e non in eliminazione assoluta, possono fortemente influenzare l'impatto sull'uso del suolo e sulle emissioni di gas serra. Un connubio felice tra salute individuale e salute del pianeta. Se questo avviene su vasta scala e non solo da parte di piccole minoranze, il risultato specifico di ridurre il conflitto tra cibo, foreste e città viene raggiunto, a parità di altre fonti di emissioni, es. nei trasporti e nell'energia (che per altro dovrebbero comunque diminuire).

Se le strategie di mitigazione dovessero contenere afforestazione e bioenergia con cattura della CO2 (BECCS) alle scale necessarie per rimuovere parecchie Gigatonnellate di CO2, ci sarebbe un forte incremento della domanda di cambiamento degli usi del suolo, mettendo a rischio la produzione alimentare totale. Una pista importante è le agro-forestazione, dove coesistono, in base ad una scelta specifica, alberi, foraggio, pascolo e produzione controllata della carne.

Rimane che questo Rapporto mette un tetto alle migliaia di km quadrati che i modelli formali dei sentieri di sviluppo delle emissioni a volte inseriscono in foreste (da bruciare per ottenere energia con BECCS) a compensazione e riassorbimento della CO2 emessa dai carburanti fossili. Questa strada è impercorribile su larga scala (ed è, diremmo noi, del tutto anti-economica anche su piccola scala, visto che le rinnovabili sono più economiche dei fossili e la BECCS costa più dei fossili).

Noi quindi ne deduciamo che la rapidissima transizione nei trasporti, nell'elettricità e nel riscaldamento rimane la priorità numero uno, da favorirsi con politiche innovative, che coniugano razionalità economica (riduzione dei costi, incentivi all'acquisto, profittabilità dell'innovazione e della sua diffusione) ed emozioni, con giornate tematiche, pubblicità gratuita dei prodotti verdi, sostituzione dei prodotti inquinanti.

 

 

 

     
     
Pagina principale del sito Accordo di Parigi